gucci taschen billig louis vuitton tassen kopen online tiffany sale mont blanc pens discount moncler jacken abercrombie sale online

Voi avete in mano un cd ma chi scrive ha avuto la fortuna, insieme a tanti altri, di “vedere� queste canzoni interpretate da Grazia De Marchi in teatro. Un recital indubbiamente «alla francese� ma le cose di cui si parla, i valori, gli affetti sono universali, eterni. Un unico fascio di luce, immutabile come la bellezza di questo repertorio, che va al sodo, all'essenza dello spettacolo e contiene dall'inizio alla fine la figura statuaria della protagonista, vestale di un rito laico che comincia non a caso con «Tu... se il buon Dio fossi tu...�. Nella penombra, il pianoforte di Giannantonio Mutto e la fisarmonica di Dario Righetti. � tutto un gioco di chiaroscuri, quello stesso incastro di bianco e di nero che � nelle canzoni di Brel e che si riflette sul volto scolpito di Grazia, illuminato per contrasti, un volto insieme di sole e di roccia scavato dai sentimenti che canta.

Le canzoni di Jacques Brel sono davvero un intreccio inestricabile di amore e di morte, di innocenza e vergogna, di gentilezza e misoginia. L'ultima cena, capolavoro assoluto sulla morte, � un misto di rabbia e paura, superbia e lussuria, generosit� e solitudine. Brel celebra les coeurs tendres, la delicatezza d'animo, l'impulso naif, la trasparenza infantile, la passione donchisciottesca, la sincerit� fragile esposta all'ostilit� d'intorno degli «uomini al formaggio� e dei bourgeois cochon. Ma canta anche i sordidi marinai del porto di Amsterdam, un universo tutto maschile, osceno e plebeo, che sembra contrastare con la tenerezza femminile dei sentimenti breliani. Invece no; e una qualit� di Grazia De Marchi sta proprio nel saper sorprendentemente interpretare entrambi i mondi, consapevole che essi non sono poi cos� distanti perch� nel porto di Amsterdam c'� quella stessa energia vitale, quella positivit� naturale, quella spontaneit� selvaggia ma leale e chiara che Brel onora generosamente, tanto da dedicare a questi pezzenti un'apoteosi musicale che ha la nobilt� dell'inno. Dunque, anche i marinai paganti cercano la tendresse; gli uomini sarebbero tutti uguali se solo sapessero restare bambini; l'atmosfera cupa della «bassa landa� non esclude la felicit� calda dell'amore; � un cavallo bianco che guida la marcia funebre dell'amico Fernand al «fetente� camposanto; e cos� via.

Duilio Del Prete, rimpianto amico comune e traduttore principe di Brel in Italia, ha saputo prodigiosamente riportare tutto questo nella nostra lingua, offrendo a Grazia la migliore occasione per restituire al pubblico tante sfumature e tanti contrasti apparenti. Eccola cos� intonare il valzer lento del Bon Dieu con un misto di dolce appagamento, aggressivit� e ironia: orgogliosa s� delle belle opportunit� che presenta la vita terrena, ma nello stesso tempo malinconica perch� sa anche che in fondo si tratta di illusioni. Eccola sfornare la famosa invettiva violenta contro i borghesi, ma con teatralit� misurata e scherzosa. La ninnananna della Tenerezza � talmente fragile che anche la bella voce si incrina per l'emozione. Pure La mia infanzia comincia come una ninnananna, ma poi si increspa, cresce come l'et�, si gonfia di enfasi e pubert�, si esalta, grida, si libera e si placa: il turbamento non � pi� quello di una cantante che canta, ma quello in s� dell'esperienza comune a tutti che viene raccontata.

All'Ultima cena, come in Amsterdam, Grazia sa essere maschia, carnale e sfacciata, ma ride luminosa quando alla fine si presenta la morte. Con lo stesso sorriso elenca «i cuori teneri�: � una sorta di distacco, di enunciazione disincantata, non sdolcinata, come se in questo caso l'intenzione dell'autore non fosse quella di aprire e mostrare se stesso, ma semplicemente di descrivere la forza oggettiva, indiscutibile e disarmata, della tenerezza come stile di vita. Nelle grandi canzoni d'amore come Ne me quitte pas o La chanson des vieux amants, infine, l'amore � una potenza folle e sacra che pretende di sconfiggere il tempo e Grazia lo canta col volto pietrificato, gli occhi sbarrati, ormai prosciugati di tutte le lacrime possibili. � un amore senza specificazioni: quel «non lasciarmi sola�, musicato col genio della semplicit� lineare, la donna potrebbe implorarlo davanti al suo amante come davanti alla madre o davanti alla morte.

Intorno a queste canzoni il lavoro di Duilio Del Prete e quello di Giannantonio Muto sono stati in un certo senso analoghi: rispettosi, fedeli e nello stesso tempo inventivi, fantasiosi. Uno spirito indipendente come Duilio non poteva che essere molto libero nelle traduzioni, specie in queste regalate a Grazia pi� ancora che in quelle vecchie che gi� conoscevamo incise da lui stesso. Ma la libert�, per esempio, nei giochi di parole e nei neologismi cos� cari a Brel. era quasi sempre l'unica strada percorribile. Si veda per tutte la vertiginosa Valse � mille temps, geniale metafora musicale dell'incontro e della crescita dell'amore fino alla totale pienezza: davvero un miracolo di traduzione, con cui Grazia chiude acrobaticamente il disco come il concerto dal vivo.

Chi, ahim�, non conosce Jacques Brel ha qui l'occasione impagabile di scoprire uno dei pi� grandi artisti di tutti i tempi e chi gi� lo conosce dovr� ovviamente dimenticare l'originale. Ma ricordo comunque come impagabile, in teatro, l'emozione di rivivere questi tesori in pubblico, di condividerli con gli altri. Era un bel conforto sapere che quelle piccole lacrime, che si intravedevano affiorare agli occhi di Grazia, erano le stesse che premevano silenziosamente agli occhi di tutta la platea.

Enrico de Angelis